L’incontro del 1936 dei Maestri del Karate di Okinawa

L’incontro del 1936 dei Maestri di Karate di Okinawa

Traduzione dal giapponese all’inglese di Patrick & Yuriko McCarthy
Traduzione dall’inglese di Marco Forti
Il testo è coperto da copyright internazionale e non può essere riprodotto o trasmesso senza l’autorizzazione scritta dell’IRKRS o di Patrick McCarthy


Sponsorizzato dal Ryukyu Shinposha (Società editrice del quotidiano delle Ryukyu), questo incontro storico si tenne a Naha (Okinawa) il 25 ottobre 1936 allo Showa Kaikan. Vi parteciparono alcune tra le più importanti autorità del Karate dell’epoca: Hanashiro Chomo, Kyan Chotoku, Motobu Choki, Chibana Choshin, Kiyoda Juhatsu, Miyagi Chojun e Gusukuma Shinpan.

Parteciparono all’incontro come ospiti speciali: Sato Koichi (capo del Dipartimento degli Affari Educativi), Shimabukuro Zenpatchi (bibliotecario capo della Prefettura di Okinawa), Fukushima Kitsuma (vice-comandante del Quartier Generale della Regione Militare), Kita Eizo (un capo sezione del Dipartimento di Polizia Prefettizia), Goeku Chosho (un capo sezione del Dipartimento Prefettizio per la Pace), Furukawa Gisaburo (Direttore del Comitato Prefettizio per l’Educazione Fisica), lo scrittore Ando Shigeru, Ota Chofu (Presidente del Ryukyu Shinposha), il Capo Editore Matayoshi Yasukazu, il direttore del quotidiano Yamaguchi Zensoku, il signor Tamaki (giornalista), il signor Oroku Chotei (non meglio identificato) e Nakasone Genwa (scrittore, ricercatore e storico del Karate).

Tradotto in inglese per la prima volta, «L’Incontro del 1936 dei maestri di karate di Okinawa» rivela molte preziose informazioni e consente al lettore di valutare le parole e la saggezza di quegli uomini a cui si deve la strutturazione del Karate-do moderno del periodo prebellico. Inoltre, attraverso lo studio di questa testimonianza, possiamo per la prima volta comprendere perché il nome toudijutsu venne cambiato in karatedo e perché gli Okinawensi temettero di perdere parte del loro lascito culturale.
Analizzando le minute di questo storico incontro, pubblicate per la prima volta nel 1963 nel libro di Kanken Toyama intitolato «Karatedo Daiho Kan» è inoltre possibile comprendere meglio quali furono le condizioni che portarono alla modernizzazione del Karate-do e quali furono gli sforzi fatti nel periodo prebellico per favorirne l’unificazione e la diffusione.

Il principale fautore di questo incontro, Nakasone Genwa, nacque ad Okinawa e si diplomò al College per Insegnanti di Okinawa nel 1929. Dopo essersi trasferito a Tokyo venne coinvolto nel movimento socialista giapponese e divenne editore del quotidiano di partito. Nel 1934 iniziò a promuovere e pubblicare diversi libri sul Karate. Nel dopoguerra continuò la sua carriera politica. Nel 1973 Nakasone scrisse e pubblicò “Da Okinawa alle Ryukyu” anche se , ad oggi, continua ad essere ricordato perlopiù per la brillante pubblicazione intitolata “Karate-do Taikan” (1938) e per “Kobo Kenpo Karate Nyumon” scritto in collaborazione con il fondatore dello Shito-ryu Mabuni Kenwa (1889-1952).

All’epoca dell’incontro del 1936 Nakasone Genwa (1886-1978) aveva cinquant’anni. Hanashiro Chomo (1869-1945) allievo del leggendario Bushi Matsumura (1809-1901) e rispettato maestro di toudijutsu aveva 67 anni. Kyan Chotoku (1870-1945) anch’egli allievo di Bushi Matsumura e rispettato maestro di toudijutsu aveva 66 anni. Motobu Choki (1871-1944) allievo di diversi insegnanti, conosciuto come “Il combattente” e probabilmente la figura più controversa del toudijutsu in quel periodo, aveva 65 anni.

Chibana Choshin (1885-1969) allievo di Itosu Anko (1832-1915) e rispettato maestro, noto anche per essere stato il primo a coniare il termine Shorinryu per descrivere il toudijutsu, aveva 51 anni. Kiyoda Juhatsu (1886-1967), allievo anziano di Higashinna Kanryo (1853-1917) e rispettato maestro di toudijutsu nonché fondatore della scuola To’on Ryu, aveva 50 anni. Miyagi Chojun (1888-1953), il più famoso allievo di Higashionna Kanryo, rispettato maestro di toudijutsu e fondatore della tradizione nota come Gojuryu, aveva 48 anni. Gusukuma Shinpan (1890-1954), allievo di Higashionna Kanryo e Itosu Anko e rispettato maestro, aveva 46 anni.

Desidero ringraziare il maestro di Karatedo Kinjo Hiroshi (1919-2013), allievo di Hanashiro Chomo per avermi fornito una copia originale delle minute di quell’incontro, alcune vecchie foto e soprattutto la sua assistenza nell’interpretare le parti più difficili di questa importate opera storica. Voglio ringraziare inoltre Yabu Kenjiro di Okinawa per la bellissima foto che ritrae suo nonno Yabu Kentsu, Kanzaki Shigekazu di Beppu per la foto del suo maestro Kiyoda Juhatsu, la famiglia Chitose di Kumamoto per la foto di Kyan Chotoku e Iwae Kazuo della Prefettura di Gunma per la foto di Motobu Choki.
Ringrazio mia moglie Yuriko, senza il cui aiuto questa traduzione non sarebbe stata possibile.

Patrick McCarthy

L’incontro

L’incontro ha inizio alle quattro del pomeriggio.

Matayoshi Yasukazu: Vi ringrazio per la vostra partecipazione. Il signor Nakasone Genwa ha organizzato questo incontro. Oltre ad essere parte della nostra Società il signor Nakasone studia karate allo Shudokan, a Tokyo ed è anche uno storico del karate.
Recentemente il karate è diventato popolare a Tokyo; comunque, sull’onda di questa popolarità, ci sono persone che pare lo pratichino nel modo sbagliato. Riteniamo che sia nostra responsabilità garantire che solo la tradizione ortodossa che incarna l’impegno scrupoloso di autentici maestri di karate di Okinawa sia l’unica degna di essere tramandata. Inoltre siamo anche preoccupati per la conservazione e la promozione della ricerca lasciataci da maestri e allievi. Spero sinceramente che tutti i presenti possano oggi esprimere spontaneamente le loro opinioni.
Abbiamo la fortuna di avere con noi oggi Hanashiro Chomo, Kyan Chotoku, Motobu Choki, Miyagi Chojun, e altre eminenti autorità del karate. Vi saremmo grati se voi, gentiluomini, poteste descriverci oggi la vera natura del karate. Con questa premessa in mente, il signor Nakasone Genwa vi illustrerà la struttura di questo incontro.

Ota Chofu: Bene signor Nakasone, a lei la platea.

Nakasone Genwa: Grazie. Come hanno già menzionato Ota e Matayoshi Sensei, parlerò per primo nonostante sia il vostro umile kohai (praticante più giovane ndt). Da quando sono rientrato da Tokyo, due mesi fa, ho intervistato molte persone in diverse zone, per conoscere le loro opinioni sul karate.
Con disappunto ho appreso che ad Okinawa non esiste un’associazione che riunisce i vari maestri di Karate. Comunque oggi abbiamo i mezzi per costituirla grazie al supporto del Ryukyu Shinposha.
Il karate dovrebbe essere vigorosamente sostenuto semplicemente perché è una forma appropriata ed efficace di budo, grazie alla cui pratica si arriva a coltivare la forza fisica e lo spirito indomito.
Studio karate allo Shudokan(1) di Tokyo da diversi anni e sto facendo ogni sforzo possibile per divulgarne la tradizione. Con questo in mente vorrei invitare gli illustri maestri presenti qui oggi ad esprimere le loro opinioni per incoraggiare la pratica del karate nell’intera nazione.

Considerando i suggerimenti di Matayoshi, forse dovremmo iniziare affrontando la questione che attiene al nome karate. Se siete d’accordo poi vorrei ricordare che quando il 空手 (karate)(2) (scritto con i caratteri che significano “mano vuota”) venne per la prima volta introdotto a Tokyo, venne presentato come 唐手 (toudi, cioè scritto come “mano cinese”). A quel tempo il karate era una tradizione nuova alla quale sarebbe servito tempo prima di divenire popolare.

Le scuole sostenevano che 唐手 (toudi) non fosse un termine adatto(3) e per questo iniziarono a scrivere la prima parte della parola utilizzano l’hiragana(4) al posto dell’ideogramma originario(5). Alcuni dojo assunsero il nome di “Nihon Karate Kenkyukai” (tradotto come associazione giapponese per la ricerca sul karate [con kara scritto から, in hiragana]). Questo però accadeva nel periodo di transizione. Ora tutti i dojo dell’area di Tokyo, inclusi i due principali, stanno utilizzando il nuovo termine 空手 (karate, scritto come mano vuota). Anche la maggior parte dei club universitari sta utilizzando il nuovo termine. Ciononostante ci sono ancora alcuni club universitari che continuano ad utilizzare il termine classico 唐手 (toudi/mano cinese).

Il motivo del cambiamento del termine 唐手 (toudi) in favore di 空手 (karate) è semplice da comprendere perché il nuovo termine identifica una tradizione in cui si utilizzano le mani nude o karaken (“pugno vuoto”). Con questa considerazione in mente consiglio l’adozione della nuova denominazione “karatedo” (“la Via della mano vuota”) come standard anche in considerazione del futuro sviluppo del karate come budo giapponese. Cosa pensate della mia raccomandazione?

Hanashiro Chomo: In passato non abbiamo mai usato il termine 空手 (karate/mano vuota) ma solo 唐手(toudi/mano cinese), o semplicemente 手 (te/mano). Questo significava combattere con mani nude o pugni.

Ota Chofu: Anche noi lo abbiamo sempre chiamato 唐手 (toudi).

Shimabukuro Zenpatchi: Signor Nakasone, recentemente il karate è stato chiamato karatedo. Significa forse enfatizzarne l’aspetto della coltivazione dello spirito, come nel caso del judo o del kendo?
È per questo motivo che si è aggiunto il suffisso “do”(6)?

Nakasone Genwa: Sì. Il suo scopo pare essere la coltivazione dello spirito.

Ota Chofu: Signor Miyagi, lei usa il termine 唐手 (toudi)?

Miyagi Chojun: Sì, utilizziamo il termine 唐手 (toudi) perché è di uso generale. Comunque è un termine usato casualmente. Molte persone vengono ad imparare e mi chiedono di insegnare loro il 手 (te). Da questo desumo che il termine maggiormente usato in passato fosse semplicemente 手 (te).
Penso che il termine 空手 (karate) sia un buon nome per quello che rappresenta. Come il Signor Shimabukuro ha sottolineato il judo si è evoluto dal jujutsu. In Cina il kenpo veniva chiamato beida (colpo bianco) molto tempo fa. I nomi cambiano, come cambiano gli esempi, dipende dai tempi.
Preferisco 空手道 (karatedo) al semplice 空手 (karate).
Comunque credo che il nome debba venire scelto in modo unanime dall’opinione pubblica.
Anche la sede locale del Dai Nippon Butokukai ha discusso questa questione tra i suoi membri. A seguito di quella discussione la faccenda è rimasta un problema sospeso. In Cina viene usato anche il termine 唐手道 (toudido).
Presto verrà fondata un’organizzazione per la diffusione (shinkokai) e per quel momento vorremmo avere un nome consono da utilizzare.

Oroku Chotei: Signor Miyagi, lei si è recato anche in Cina allo scopo di studiare il karate?

Miyagi Chojun: Sebbene non abbia iniziato il mio allenamento in Cina, mi recai in quel Paese dopo aver compreso che era il posto dove mi dovevo recare per perseguire studi più avanzati sul gongfu(7).

Oroku Chotei: Esiste un unico stile di “te” qui ad Okinawa?

Miyagi Chojun: Beh, come nel caso del judo, del kendo(8) e della boxe così anche la disciplina del “te” è stata praticata e migliorata qui ad Okinawa.

Kiyoda Juhatsu: Sono d’accordo con il Sig. Nakasone. Parlando in generale, la gente di questa prefettura è abituata al termine 唐手 (toudi). Dovremmo discutere la questione con i ricercatori karateka qui ad Okinawa e verificare a cosa portano le loro analisi. È semplicemente troppo presto decidere qui ed ora.

Miyagi Chojun: Non intendo dire che si debba decidere qui ed ora.

Matayoshi Yasukazu: Possiamo sentire qualche altra opinione?

Hanashiro Chomo: Nel mio vecchio libro Karate Kumite, pubblicato nell’agosto del 1905 ho usato il termine 空手 (karate/mano vuota).

Furukawa Gisaburo: Da parte nostra ci piacerebbe promuoverlo nel cuore della nazione. Vorremmo vedere ogni prefettura istituire un’organizzazione per la promozione del karate, uno shinkokai, per portare il karate nelle scuole medie. In questo modo sarà possibile diffonderlo in tutte le prefetture. Allora potremo discutere i modi per sviluppare la disciplina.

Nakasone Genwa: Comprendo l’opinione del Sig. Kiyoda. Dovremmo considerare il nome e decidere a chi fare domande. Dovremmo decidere a maggioranza? O dovrebbe essere chi pratica con entusiasmo il karate a decidere? Per aiutare la promozione dell’arte il giornale sponsorizza allievi che viaggiano spesso per parlare e dare dimostrazioni di karate. Questo influenzerà la crescita e la direzione che prenderà il karate nella nazione intera. Questi giovani riconoscono il termine 唐手 (toudi) per il suo significato storico. Comunque credono che il karatedo si svilupperà grazie ai loro sforzi. Penso che il numero di questi giovani e le loro azioni influenzeranno la crescita e la diffusione futura del karate. Così 唐手 (toudi) dovrebbe essere cambiato in 空手 (karate) il più presto possibile. Non dovremmo considerare solo la protezione dell’arte ma anche il suo progresso.

Kiyoda Juhatsu: Bene, se tutti condividiamo questa opinione, credo che il termine 空手 (karate) servirà adeguatamente allo scopo.

Gusukuma Shimpan: Insegnando nelle scuole medie mi sono reso conto che gli allievi non amano il termine 唐手 (toudi) e, di conseguenza, ho usato il termine 拳法 (kenpo). Comunque, credo che supportare il termine 空手 (karate) sia giusto perché fa riferimento ad arti marziali a mani nude. Per questo motivo, su questa questione, non ho obiezioni.

Goeku Chosho: Essendo collegato alla sezione del Butokukai vorrei anch’io dire qualcosa. Il Butokukai ha riconosciuto il karate come via marziale nel 1933. A quel tempo il Sig. Miyagi scriveva ancora karate come 唐手(toudi). Così se il nome viene cambiato in 空手 (karate), la sezione del Butokukai riscriverà e darà la sua approvazione. Le sezioni accetteranno questo cambiamento. Ad ogni modo è richiesta l’approvazione del Butokukai Honbu.

Ota Chofu: Nel 1905 il Sig. Hanashiro è stato il primo ad utilizzare il termine 空手 (karate). Qualsiasi cosa sia popolare nel cuore della Nazione (Tokyo) viene di norma accettato in tutto il Paese. Ad esempio il termine Anshinbira (pianura Anshin) a Naha è stato recentemente mutato in Habu-Zaka (pendio Habu).
Ancora, lo strumento a tre corde inzialmente chiamato shamisen ora viene chiamato jabisen.
I nomi che vengono usati nel cuore della nazione diventano sicuramente popolari come dimostrano questi esempi. Gli abitanti di Okinawa possono non esserne felici ma se rimaniamo gli unici ad usare il termine 唐手 (toudi), quando il karate diverrà una via marziale popolare in madrepatria temo che la gente in futuro non ne riconoscerà le origini okinawensi. Basandomi su questo punto, penso che il termine 空手 (karate) sia appropriato.

Nakasone Genwa: Bene, abbiamo sentito le opinioni di persone che hanno vissuto per lungo tempo ad Okinawa.Possiamo sentire i commenti del Sig. Sato Koichi, capo degli Affari Educativi, che è arrivato ad Okinawa di recente?

Sato Koichi: Il termine 空手 (karate) non mi è familiare, ma 唐手 (toudi) sembra non avere molto supporto tra gli esperti. Penso si dovrebbe usare 空手 (karate).

Furukawa Gisaburo: Per gli abitanti delle altre prefetture il termine 空手 (karate) è attraente e suona bene come arte marziale. In più sembra che il termine 唐手 (toudi) abbia perso il suo fascino.

Nakasone Genwa: Possiamo sentire anche l’opinione del Sig. Fukushima Kitsuma?

Fukushima Kitsuma: Bene, 空手 (karate) sembra essere una definizione appropriata, in special modo se consideriamo la relazione tra il nome e la disciplina stessa: un’arte di difesa personale che usa le mani vuote.

Nakasone Genwa: c’è una storia su un uomo di spettacolo che era talmente forte da trainare una macchina. Per richiamare attenzione su di sé utilizzava come firma “Kojimaryu Toudijutsu”.

Ota Chofu: comunque non credo che nessuno detesti il termine 空 (kara/vuoto) mentre ci sono persone che non sopportano il termine 唐 (tou/Cina).

Miyagi Chojun: Quando visitai Buwa (presumibilmente una località in Cina, n.d.t.), i cinesi sembravano abituati al termine 唐手 (toudi).

Fukushima Kitsuma: L’anno scorso l’Istituzione Fisica ha cambiato il nome “kyujutsu” in “kyudo”. Seguendo questo esempio un cambio da 唐手 (toudi) a 空手 (karate) non dovrebbe essere complesso.

Kita Eizo: Prima che arrivassi ad Okinawa pensavo anch’io che la pronuncia kara (la pronuncia alternativa del kanji 唐/tou) avesse il significato di vuoto (scritto invece con il kanji 空).

Ota Chofu: Originariamente la gente ad Okinawa usava il termine 唐手 (toudi).

Ando Shigeru: credo che lo shorinji kenpo cinese (shaolin quanfa) sia la fonte originaria del judo e del toudi. Per questo motivo è comprensibile che venisse usato il termine 唐手 (toudi). Comunque concordo sul fatto che ora si debba cambiare il nome in 空手(karate/mano vuota).

Nakasone Genwa: non è corretto affermare che lo shorinji kenpo cinese sia la fonte del judo e del karate. Nel racconto di Mikami Otokichi il karate è descritto come 唐手術 (toudijutsu): un’arte marziale in parte straniera. Questo dimostra come il karate non sia poi così ben compreso.

Diffondere il Karate

Shimabukuro Zenpatchi: Ad Okinawa usano semplicemente 手 (te) per descrivere il karate, mentre 唐手 (toudi) viene usato per identificare i metodi di autodifesa di origine cinese.

Nakasone Genwa: Bene, direi che abbiamo discusso a sufficienza in merito al nome 空手 (karate), ora vorrei chiedere la vostra opinione riguardo ai metodi migliori per promuovere il karate. Sfortunatamente l’interesse per il karate è oggi in fase calante ad Okinawa. Per questo motivo forse dovremmo discutere sui metodi per promuoverlo sia quale forma di educazione fisica che come tradizione marziale.

Fukushima Kitsuma: Recentemente sono state fondate numerose scuole di karate ma, secondo me, sarebbe meglio se venissero tutte unificate. Indipendentemente dalle differenze tra gli stili a Shuri e Naha, dovrebbe essere definito un curriculum uniforme per i kata del karatedo giapponese. Il kendo aveva 200 stili diversi ma sono stati tutti unificati negli attuali kata del kendo giapponese. Se il karate verrà unificato sarà possibile diffonderlo in tutta la nazione.
Ad esempio, potremmo:
1. sviluppare 10 tipi di kata giapponesi;
2. utilizzare nomi giapponesi per identificarli;
3. unificare le tecniche dei kata ed il loro contenuto per accogliere i principi di attacco e difesa flessibile;
4. adottare un’uniforme standard;
5. studiare l’elemento competitivo;
6. pianificare competizioni per il karate.
Se riusciamo a fare queste cose allora forma e sostanza del karate saranno unificate.

Miyagi Chojun: Sono d’accordo. Per quanto attiene ai kata di karate, ho già sottoposto le mie spiegazioni al Butokukai honbu quando la loro filiale è stata aperta qui. Abbiamo discusso spesso il tema dell’adozione di un’uniforme standard e mi piacerebbe adottarla presto. Per quel che riguarda la questione dei termini tecnici, sono fiducioso che verrà il tempo in cui saranno regolamentati. Ho insistito a lungo su questo problema e, in realtà, ho già sviluppato e introdotto qualche nuovo termine tecnico.
Riguardo ai kata forse è meglio sviluppare e introdurre un kata nazionale, comunque i kata classici devono rimanere. Si dovrebbe creare un kata adatto agli studenti, dalla scuola elementare al livello universitario, che contenga sia le parti offensive che difensive. Allo Shinkokai dovrebbe essere attribuita la responsabilità di sviluppare ed introdurre questo kata. Esistono l’Istituzione Fisica e la filiale del Butokukai, oltre ai nostri praticanti anziani (senpai) e altre persone interessate al karate. Dobbiamo unire le nostre risorse e discutere collettivamente in merito a questi problemi.
Se gli esperti e le organizzazioni di settore conducono una meticolosa indagine, allora le questioni legate alla terminologia, all’uniforme e i relativi problemi possono trovare presto un’adeguata soluzione. Comunque i kata classici devono rimanere intatti, altrimenti verranno dimenticati. È sempre possibile sviluppare nuovi kata.

Nakasone Genwa: A volte modificare i termini tecnici può essere un problema. È difficile tenere una lezione senza termini standardizzati che possano essere universalmente compresi. Utilizzare solo gesti è possibile solo se si ha un pubblico presente. È più difficile farsi comprendere attraverso giornali e altri media. Per questo motivo è necessario definire termini tecnici uniformi. Per quanto riguarda la competizione, le Università Teidai (vecchio nome della Tokyo University, oggi chiamata Toudai) e Kansai stanno attualmente studiando la possibilità di introdurre protezioni che possano aiutare ad acquisire maggior popolarità in futuro.
I maestri del passato hanno preservato i kata classici perché ne comprendevano l’importanza.
I maestri di karate studiano vigorosamente le tecniche, ma credo rimangano troppo riservati quando insegnano ai loro allievi. Poiché il loro insegnamento manca di entusiasmo (non è orientato allo sport) le persone generalmente perdono interesse. Penso che questo sia il motivo per cui il karate non è così popolare come potrebbe essere.
Pertanto vorrei che venisse creata una grande organizzazione, come uno shinkokai per il karate, dove sia gli esperti che il pubblico potessero partecipare insieme per la promozione dell’arte. Senza questo tipo di organizzazione e senza un dialogo continuo come quello che stiamo condividendo oggi qui, i futuri sforzi di singoli insegnanti saranno inibiti. Per questo motivo vi imploro di prendere in seria considerazione l’idea di istituire un karate shinkokyokai con la collaborazione di persone provenienti da diversi ambiti.

Ota Chofu: Siamo definitivamente a favore del sostegno a questo mandato. È un miracolo che oggi il karate abbia incontrato così tanto successo a Tokyo. Vogliamo supportare pienamente il movimento e spero che le comunicazioni all’interno dei singoli gruppi (Butokukai, ecc…) saranno positive, nello sforzo di istituire l’organizzazione. Quanti gruppi di karate ci sono qui ad Okinawa?

Miyagi Chojun: Dunque, ci sono la filiale del Butokukai, l’Istituto Fisico della Prefettura, l’Istituto Fisico della città di Shuri, ecc…

Ota Chofu: Signor Chibana, quanti allievi si allenano attualmente al suo dojo?

Chibana Choshin: Una quarantina circa.

Miyagi Chojun: si dice che il karate sia diviso in due diversi settori: Shorinryu e Shoreiryu. Comunque non c’è una chiara evidenza a sostegno o a negazione di questa affermazione. Se fossi costretto a evidenziare le differenze che contraddistinguono queste due correnti, allora direi che solo diversi metodi di insegnamento le dividono.
L’allenamento fondamentale (kihon) e le tecniche a mano aperta (kaishu) dello Shorinryu non vengono insegnate seguendo metodi definiti. Il kaishu ed il kihon nello Shoreiryu vengono insegnati seguendo un metodo chiaramente definito. Il mio insegnante ci ha istruiti seguendo il metodo Shoreiryu.

Ota Chofu: Abbiamo sentito dire che i maestri (locali) non hanno studiato in Cina.

Miyagi Chojun: Ho sentito dire che (Bushi) Matsumura ha studiato in Cina.

Chibana Choshin: Il nostro insegnante insegnava naifuanchin come base.

Ota Chofu: Signor Motobu, lei da chi ha studiato?

Motobu Choki: Itosu, Sakuma, Matsumora di Tomari, ecc.

Ota Chofu: Signor Motobu, ha creato un suo stile di karate?

Motobu Choki: (ridendo) No, non l’ho creato.

Nakasone Genwa: L’istituzione di uno shinkokai per il karate è un punto su cui ogni maestro è d’accordo. Come il Signor Furukawa ha descritto la necessità di uno shinkokyokai per il karate, noi tutti dovremmo concordare su ogni obiettivo che riguarda questo tema. Il comitato dovrebbe iniziare a predisporre il necessario per questo progetto. (Tutti i partecipanti si dimostrano d’accordo facendo cenni di assenso con il capo)

Ota Chofu: Che organizzazione è l’Istituto Fisico?

Furukawa Gisaburo: È una corporazione semi-governativa, sovvenzionata dalla Prefettura. Si occupa di ogni tipo di budo e sport.

Ota Chofu: Intende dire che l’Istituto Fisico costituirà il nucleo dello shikokyokai per il karate?

Miyagi Chojun: Oltre all’Istituto Fisico c’è anche la filiale del Butokukai. Entrambe le organizzazioni includono sezioni d karate. Oltre all’essere associato ad entrambe le organizzazioni, Butokukai e Istituto Fisico, il proposto shinkokyokai deve anche esistere come organizzazione indipendente del karate, come succede per ogni altra organizzazione del budo.

Sato Koichi: Unificato è meglio che indipendente.

Ota Chofu: Il karate shinkokyokai sarà un’organizzazione che rappresenterà una parte del karate?

Miyagi Chojun: Sì. Nel Jukendo (disciplina della baionetta) hanno un’organizzazione separata chiamata Yudanshakai (Associazione dei detentori di gradi dan), che supporta le sezioni di judo e kendo sia dell’istituto Fisico che della Filiale del Butokukai. In modo simile, lo shinkokyokai sosterrà le sezioni di karate sia dell’Istituto Fisico che della Filiale del Butokukai.

Goeku Chosho: Dovrebbero essere uniformati anche i requisiti per ottenere gradi dan. Questo aiuterà a migliorare la crescita e la direzione del karate.

Nakasone Genwa: Sarà possibile provvedere a questo non appena verrà istituito lo shinkokyokai e unificati i gruppi di karate che si trovano fuori dalla Prefettura.

Yamaguchi Zensoku: Come sponsor vorrei concludere la riunione con questa riflessione. Abbiamo avuto un incontro molto produttivo, i cui risultati influenzeranno la crescita e la direzione futura del karate. È davvero un grande onore per la popolazione di Okinawa che il nostro karate sia diventato così popolare nel cuore della nazione. Comunque tale popolarità non è sfortunatamente condivisa qui ad Okinawa.
Pertanto dobbiamo prendere provvedimenti per far fronte alla situazione, nel tentativo di risolvere i problemi legati alla denominazione del karate, ai termini tecnici, all’unificazione dei kata e all’istituzione dello shinkokyokai. Poiché i bambini dimostrano interesse nella disciplina, credo che il nostro scopo verrà ben perseguito con l’introduzione del karate nelle scuole elementari.
Per questo motivo richiederò all’Ufficio degli Affari Educativi di valutare l’introduzione del karate sia nelle scuole elementari che nelle scuole medie. Se questa proposta verrà accettata, allora credo che le nostre aspirazioni si realizzeranno.

FINE DELL’INCONTRO

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NOTE

[1] Il maestro Okinawense di Karate Toyama Kanken fondò lo Shudokan a Tokyo nel 1930. Toyama Sensei studio sotto la guida di maestri leggendari del calibro di Itosu Anko, Higashionna Kanryo, Oshiro Chojo e Chibana Choshin.
[2] Il termine “Karate” era scritto utilizzando due ideogrammi di origine cinese (chiamati “kanji” in giapponese): il primo – 唐 – significa Cina (inizialmente identificava la dinastia cinese Tang (618‑907), e in seguito divenne l’ideogramma in uso per identificare la Cina come nazione) mentre il secondo ideogramma – 手 – significa “mano”. Il primo ideogramma può essere pronunciato sia “tou” che “kara,” e il secondo può essere pronunciato “te” oppure “di.”
[3] Nel 1936 il Giappone era all’apice del militarismo, il nazionalismo era ampiamente diffuso ed il dissenso con la Cina sarebbe di lì a poco sfociato nell’entrata del Giappone nella seconda guerra mondiale.
[4] L’hiragana è uno dei due alfabeti sillabici utilizzati nella lingua giapponese per rappresentare il suono di ideogrammi di origine cinese senza però trasmetterne il significato intrinseco. In altre parole, mentre guardando un ideogramma se ne comprende immediatamente il significato, leggendo l’hiragana ci si limita a sentire il suono della parola senza avere la possibilità di comprenderne immediatamente il significato esatto.
[5] In questo modo veniva “oscurato” il legame del Karate con la Cina.
[6] Il suffisso “do,” usato anche in “kendo”, “judo” e “budo” significa “via” “percorso” o “strada” e può anche assumere il significato di “provincia”. Lo stesso carattere viene pronunciato “dao” in Cinese Mandarino ed è noto per essere utilizzato nella filosofia taoista di Lao Zi, autore del “Dao De Jing”. Nel contesto filosofico adottato dalle tradizioni di autodifesa, “do” significa “via” inteso come metodo di vita o percorso da seguire per l’auto-miglioramento.
[7] Gongfu (letteralmente abilità) è un termine generico del Cinese Mandarino per identificare diverse tradizioni di autodifesa che si svilupparono nel Tempio Buddista di Shaolin (ad esempio stili del drago, leopardo, tigre, gru e serpente); significa genericamente “lavoro compiuto”. Ci sono due termini del Cinese Mandarino più specifici, anche se oggi pieni di connotazioni politiche, wushu (“arti della guerra”) è il termine in uso nella Repubblica Popolare Cinese; a Taiwan si utilizza invece il termine guoshu (kuo shu se si usa la romanizzazione Wade-Giles) o “arte nazionale”. È diffuso anche un terzo termine: quanfa “via del pugno”, pronunciata kenpo in giapponese. In generale, wushu si riferisce agli stili moderni e acrobatici del gongfu, quanfa e guoshu si riferiscono invece alle forme più tradizionali legate all’autodifesa civile. Tutti i termini in cinese mandarino sono stati traslitterati utilizzando il sistema di romanizzazione Pinyin in uso nella Repubblica Popolare Cinese.
[8] Miyagi si rifersice al modo in cui gli elementi fondamentali della spada giapponese (kenjutsu) e della lotta (jujutsu) siano stati rielaborati per dar vita rispettivamente al kendo ed al judo. Così I principi di diversi metodi di autodifesa di origine cinese (coltivati nel corso del periodo dell’antico Regno delle Ryukyu) sono stati codificati nello sforzo di creare una tradizione indigena.


Copyright © Patrick & Yuriko McCarthy
Traduzione dall’inglese di Marco Forti
Questa traduzione è stata espressamente autorizzata dall’autore
(la riproduzione di questo testo è consentita solo con il consenso scritto dell’autore)


 

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